Per celebrare il 250mo anniversario della nascita di Mozart mi è sembrato simpatico adattare questo articolo apparso su un blog inglese. Contiene alcune riflessioni non banali, e l’argomento mi è congeniale per gusto e per interessi. Spero vi piaccia.
Le lettere di Mozart sono, nelle parole di Alfred Einstein, “le più vive, genuine e sincere mai scritte da un musicista”. E’ straordinario pensare come siano fatte proprio delle parole che gli passavano per la testa mentre magari era intento a comporre uno dei suoi capolavori. Leggerle è come origliare alla porta di un genio.
L’altra cosa che colpisce è il loro volume e il dettaglio. Mozart fu scrittore ossessivo, capace di far recapitare frequentemente più di una lettera al giorno ai suoi corrispondenti abituali. E non si tratta di veloci frasi da cartolina, ma spesso di pagine ricche di frasi lunghe e complicate, piene di abbaglianti giochi di parole, per descrivere concetti elaborati e situazioni complesse, o per rispondere in dettaglio a questioni poste in campo dalla corrispondenza ricevuta.
Per la particolare lunghezza, queste lettere trasmettono un forte senso del tempo interiore, con la conclusione situata temporalmente più tardi dell’inizio. Dunque le epistole mozartiane funzionano spesso come le giornate di un diario, un registro di avvenimenti e impressioni – una specie di blog senza la cronologia inversa (e senza il web).
Mozart era un blogger.
Se questa intensa attività di scrittura in forma di lettera può essere considerata un proto-blog, il corollario è che i blog sono una versione moderna dell’antica arte epistolare. Si tratta di un concetto importante, perché in un sol colpo comporta due implicazioni di cui siamo testimoni: che l’arte di scrivere lettere è ormai morta, e che nei blog c’è un’estrema penuria di vera sostanza.
Si sente dire frequentemente che i moderni mezzi di comunicazione, come il telefono e la posta elettronica, abbiano reso ridondante l’accurato disporre le parole sulla pagina e l’andirivieni seducente delle argomentazioni in favore di forme più immediate e ridotte all’essenziale. Una delle cose che colpisce dei blog è che alcuni – non tutti certamente – sono estremamente ben scritti. E anche quelli non proprio levigati rappresentano comunque un impegno considerevole da parte dei loro autori – lo stesso impegno che 250 anni fa si volgeva nello scrivere lettere.
Ciò significa che lungi dall’essere l’equivalente digitale della forfora – desquamazione quotidiana dell’anima – gli interventi che affollano e si sommano sui blog rappresentano una rinascita dell’arte epistolare. Vorrei spingermi ancora oltre: per quanto male possano essere scritti, possiedono l’indiscutibile virtù di essere qualcosa che è scritto, e dopo – con audacia – reso pubblico. In ciò rappresentano un altro lodevole tentativo di iniziare o proseguire dialoghi in forma scritta del tipo di quelli che Mozart avrebbe compreso e a cui si sarebbe dedicato senza indugio. Un altro mattone – per quanto umile – del grande edificio della letteratura.
Per questa ragione, la moda corrente di denigrare i blog come fossero un mero guardarsi l’ombelico, o solo un vacuo chiacchiericcio, è fuorviante. I blog sono in realtà la prova che sempre più persone – 30.000.000 nel mondo stando a Technorati – stanno riscoprendo la gioia delle parole in un modo che non ha uguali in tempi recenti. Non saremo tutti Mozart del blog, ma è sempre meglio che il silenzio.