Tutti i pianisti professionisti (e con loro tanti appassionati del repertorio) hanno in mente alcune incisioni storiche dei grandi del passato: come dimenticare le esecuzioni memorabili di Rachmaninov, Cortot, Sofronitzki, Horowitz, Gould, Michelangeli e tanti altri che ci sono pervenute attraverso vecchi 78 giri, o vinili monofonici, inficiati da fruscii e disturbi di ogni tipo?Immaginate ora di poter disporre di una tecnologia che permetta di riascoltare le medesime performance, ma prive dei difetti connaturati con i mezzi di registrazione che allora erano gli unici disponibili.

Di più: immaginate di riascoltare, per esempio, le Variazioni Goldberg nell’esecuzione di Glenn Gould del 1955 non più in mono, ma nello splendore di un eccellente pianoforte da concerto registrato in surround 5.1 dentro un moderno auditorium servendosi delle più avanzate tecniche di ripresa.
Follia? Fandonie?
Beh, continuate a leggere e giudicherete voi stessi.
Quando ho letto di una small firm americana chiamata Zenph Studios, sulle prime credevo si trattasse di una presa in giro, di uno di quegli articoli che la stampa anglosassone si diverte a pubblicare per scherzo, solitamente sui numeri in uscita ad aprile.
Poi ho cominciato a documentarmi e a scoprire che era tutto vero. Eccovi un veloce riassunto:
La Zenph esiste, e si trova a Raleigh, nel North Carolina (USA). L’azienda comprende uno studio di registrazione professionale costruito attorno ad una sala da concerto realizzata appositamente, della capienza di una cinquantina di spettatori, e dotata di due magnifici pianoforti a coda, uno Steinway modello D e un Yamaha Disklavier Pro DCFIIISAPRO. 

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Quest’ultimo è un pianoforte che tramite un protocollo informatico proprietario basato su MIDI, ma di maggiore risoluzione, permette, a detta del costruttore, di registrare le infinite sfumature di tocco, articolazione, timing e uso del pedale di un’esecuzione pianistica, e di riprodurle del tutto identiche in un momento successivo.
L’idea degli ideatori del progetto, semplice quanto elegante, è stata quella di progettare un sistema informatico in grado di decodificare tutte le nuances di un’esecuzione storica traducendole in un formato che potesse essere riprodotto con la massima fedeltà dal Disklavier.
Questo processo di decodifica non è del tutto automatico ma richiede l’intervento di un esperto umano (un pianista!) che valuta la resa sottoponendola a criteri di valutazione di cui, a sua volta, il programma è in grado di servirsi per correggere i propri errori.
In un certo senso il programma viene educato a diventare sempre più bravo nel proprio lavoro.
Il tempo necessario per la decodifica di un brano è ancora molto lungo:
i primi 3 minuti di un brano dimostrativo hanno richiesto due settimane di lavoro, ma i progettisti confidano nel fatto che nel prossimo futuro si riuscirà a fare molto meglio.

Sono certo che a questo punto sarete curiosi di ascoltare un esempio, come io lo sono stato. Eccovi subito accontentati:

Prima
Alfred Cortot che esegue il Preludio di Chopin n. 3 in sol maggiore in una registrazione mono del 1926 su 78 giri:

Dopo
La ri-esecuzione presso gli Zenph Studios di Alfred Cortot che esegue il Preludio di Chopin n. 3 in sol maggiore. Registrato in stereo nell’aprile 2005:

Vi consiglio di ascoltare ripetutamente entrambi i file. Anche se ad un ascolto attento non sfuggiranno le imperfezioni, il risultato generale fa sicuramente impressione ed è degno di considerazione.

Sicuramente inquieta un po’.

Per certi versi ricorda certe operazioni fatte in passato ri-registrando in condizioni ottimali i rulli Ampico incisi da Rachmaninov negli anni ’20.
Solo che qui si va ben oltre.
Sembra quasi, mi si perdoni il paragone, il tentativo di un novello dottor Mengele di voler clonare un essere umano partendo da un frammento del suo DNA, come nel film I Ragazzi venuti dal Brasile. La garanzia che il risultato sia del tutto identico all’originale è opinabile, e non a caso sono necessari innumerevoli tentativi (in quel caso si voleva clonare Hitler, nientemeno).
Ciò nonostante affascina l’idea che un’altra frontiera stia per essere abbattuta, e che presto presumibilmente disporremo di rifacimenti di esecuzioni storiche, come pure di riesumazioni (è il caso di dirlo) di registrazioni mai pubblicate per la presenza di difetti troppo gravi (strumenti scordati, rumori di sala, etc.).

I poveri pianisti dei nostri giorni dovranno presto fare i conti con nuovi avversari? Non solo i novelli virtuosi che sbucano come funghi, gli enfant prodige, le inarrivabili (perché finte…) esecuzioni dei Grandi in alta fedeltà, adesso ci si mettono anche i fantasmi.

A volte ritornano, si dice… benvenuti nel futuro, signori. Io però ai mugolii di Glenn Gould mentre suona ci sono proprio affezionato, che faranno, cloneranno anche quelli?